5 anni fa il tragico naufragio di Lampedusa scosse le coscienze dell’Italia e dell’Europa. Merito anche dell’allora Sindaca Giusi Nicolini, che lottò con tutta se stesse per soccorrere e assistere i superstiti, per il recupero dei corpi dei naufraghi, per fare davvero della piccola isola di Lampedusa la porta dell’Europa. La mattina del 3 ottobre 2013 Giusi Nicolini mi chiamò per chiedere aiuto perché ero direttrice di Legambiente, la sua associazione. Mettemmo a disposizione di Lampedusa 4 persone che si occuparono di pratiche legali, comunicazione, mediazione culturale, organizzazione. Poi arrivarono anche le Ong, mentre la vicinanza delle istituzioni divenne via via più flebile. Ma neanche i più critici con le posizioni di associazioni e Ong accorse sull’Isola si permettevano di esprimere ad alta voce posizioni razziste.
Oggi, al contrario, dobbiamo constatare che in tanti, troppi, hanno perso la loro umanità, che non ci si preoccupa più di non esprimere ad alta voce l’indicibile crudeltà e il razzismo più becero. Sentimenti che si nutrono del silenzio assordante dell’Europa e dell’odio fomentato dal ministro della Paura. Che anziché mettere sotto tiro i trafficanti accusa le Ong, che tace su quanto avviene in Libia tra torture e stupri e addirittura considera quel paese un porto sicuro. Contro ogni realtà. E trascina l’Italia in un gioco pericoloso che spesso, come nell’ultimo caso di richiesta di aiuto da parte di 100 migranti alla deriva nel Mediterraneo, ci porta ad assistere senza intervenire a operazioni di soccorso che l’Unhcr considera contro il diritto internazionale visto che in Libia non c’è alcun porto sicuro. Non possiamo più tacere. Quando alcuni mesi fa con Possibile lanciammo la petizione per chiedere le dimissioni di Salvini fummo accusati di fare il suo gioco. Ora come allora si tratta di resistere alla barbarie, di avere il coraggio di dire e poi affermare che il Ministro dell’Interno è una persona pericolosa e andrebbe perseguito per crimini contro l’umanità. Abbiamo paura ma non abbiamo più scuse e neanche troppo tempo.
Il mio intervento su HuffPostItalia è disponibile qui.