Con 2 milioni di ettari coltivati con metodo bio e il primato dei prodotti distintivi siamo leader in Europa per sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile e di qualità. Cibo buono e sano, coltivato rispettando l’ambiente e la salute, senza avvelenare terra e acqua con l’uso di pesticidi diserbanti o concimi chimici. Qualità grazie alle quali il made in Italy alimentare è apprezzato nel mondo. Eppure non è questo modello di agricoltura che l’Italia sta rivendicando e mettendo al centro della nuova Politica agricola comune (Pac).
I ministri dell’agricoltura dell’UE hanno adottato una posizione che indebolisce la proposta della Commissione europea per la Pac post 2020 e anche l’Europarlamento ha votato emendamenti peggiorativi del testo.
Nella Pac disegnata da Consiglio e Parlamento Europeo ci sono risorse inadeguate per la cura di suolo e clima, escono indebolite le norme sulla condizionalità ambientale, c’è poca attenzione alla conservazione della biodiversità e si spende larga fetta dei budget nazionali dei pagamenti diretti per il sostegno al reddito degli agricoltori. Sostegno di cui nella realtà beneficiano in modo prevalente i grandi proprietari terrieri e gli allevatori intensivi, trattandosi di sussidi proporzionati alle superfici coltivate e al numero di capi allevati, mentre alle aziende piccole e medie che sono l’ossatura del tessuto rurale nelle aree interne va un budget marginale. E non vengono recepiti gli obiettivi del Green Deal europeo. Grazie quindi agli europarlamentari che non hanno votato a favore della relazione segnalando un dissenso.
Se queste sono le premesse il Green deal agricolo, su cui tanto e bene si era fin qui spesa la Commissione Europea a guida Von Der Leyen, rischia seriamente di morire in culla. Ma la crisi climatica va affrontata subito perché non c’è più tempo da perdere.