Qualcosa si muove. A oltre un anno dal giuramento del governo Conte arrivano all’attenzione del Parlamento i primi provvedimenti dell’esecutivo dedicati esclusivamente all’ambiente: le proposte di nomina dei presidenti di cinque Enti Parco su cui le commissioni Ambiente di Camera e Senato sono chiamate ad esprimersi.
Arrivano finalmente i vertici per i Parchi Nazionali delle Dolomiti Bellunesi, della Sila, dell’Alta Murgia, del Gargano e delle Cinque Terre. Enti da troppo tempo commissariati o privi di presidente, come denunciato da Club Alpino Italiano, Enpa, Federparchi, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Marevivo, Mountain Wilderness Italia, Pronatura, Touring Clube WWF.
Un ritardo che è l’ennesimo figlio di un governo diviso su tutto, che ha aspettato gli esiti delle europee e della tornata di elezioni regionali e amministrative per misurare gli equilibri tra le due componenti di maggioranza e regolare di conseguenza i conti. E che in questi lunghi mesi non ha messo le aree protette in condizione di tutelare al meglio il capitale naturale del Paese e si è fatto sentire anche sull’emergenza incendi.
Va dunque salutato con favore questo cambiamento di rotta. Un passo nella giusta direzione anche se il “Governo del cambiamento” dimostra di non aver cambiato proprio un bel niente, visto che le nomine sono state fatte con il bilancino degli accordi politici. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto coloro che nella scorsa legislatura – in asse politico con l’opposizione dura e pura dei 5 stelle – durante il tentativo di riforma della 394, si sono stracciati le vesti per il presunto tentativo di lottizzare i parchi.
Se dovessimo guardare con onestà intellettuale alle nomine recenti dell’era Costa ma usando le lenti degli strenui difensori della sacralità della 394 si salverebbero solo Donatella Bianchi e Francesco Tarantini.
Il mio mio commento per Greenreport è disponibile in versione integrale qui.